L’inverdimento: uno strumento di compensazione climatica

Un’area edificata è come un grande organismo, dotato di un proprio sistema circolatorio, di un microclima specifico e di un ciclo di vita del tutto peculiare, che intrattiene uno scambio ininterrotto con l’ambiente circostante. In questa relazione, un manto vegetale assume una funzione di catalizzatore. Oltre a schiudere interessanti possibilità progettuali.

L’inverdimento degli edifici non è certo un’invenzione moderna. Le pareti e i tetti delle costruzioni rappresentano da sempre un ambiente ospitale per la vegetazione, che può proliferarvi sia sponta­neamente sia grazie all’intervento attivo dell’uomo e all’aggiunta di ausili come le spalliere.

Edifici «verdi» esistevano già nell’antichità

Fin dai tempi più remoti l’uomo ha attribuito una valenza culturale alla componente architettonica vegetale. Basti pensare ai giardini pensili di Semiramide a Babilonia, considerati una delle sette meraviglie del mondo antico. Grazie a testimonianze scritte dell’epoca abbiamo una descrizione dettagliata di questo prodigio architettonico inserito nella struttura di un palazzo sulle rive dell’Eufrate, nell’odierno Iraq. I giardini si estendevano su un quadrato di 120 metri di lato ed erano organizzati in terrazze, alte circa 25-30 metri. Le pareti e i pilastri che sorreggevano la costruzione erano prevalentemente in mattoni refrattari, mentre i pavimenti dei diversi piani si componevano di tre strati: il primo era di canne, con abbondante bitume; ad esso si sovrapponeva un doppio ordine di mattoni cotti legati con malta di gesso; infine, una copertura formata da spesse lastre di piombo. Questo sistema impediva all’umidità di penetrare ai livelli sottostanti. Le terrazze potevano quindi essere cosparse di terriccio, in modo da coltivarvi diverse varietà di alberi e arbusti. Il vicino Eufrate garantiva l’acqua per l’irrigazione.

Oggi la vegetalizzazione dei tetti è uno standard per Alfred Müller AG.

Superfici di compensazione climatica

Oggi, l’inverdimento non è più appannaggio esclusivo della cerchia privilegiata di chi abita in palazzi e residenze prestigiose. Sempre più spesso nei progetti si inseriscono strati di vegetazione ad hoc, gestiti in modo controllato, ai fini della compensazione climatica. Il trend è nato in primo luogo con la diffusione dei tetti piatti, avvenuta nel corso del XX secolo, che ha dato vita nelle aree urbane a numerose e spesso estese «spianate sopraelevate». Originariamente essi venivano ricoperti di ghiaia, ma col tempo gli addetti ai lavori hanno realizzato che questa pratica finiva col creare un ambiente desertico dominato da temperature estreme, con pesanti ripercussioni sul clima e notevoli sollecitazioni per la costruzione.

La conclusione che l’inverdimento degli edifici avrebbe permesso di restituire almeno in parte la superficie occupata al suolo, creando così habitat sostitutivi per la flora e la fauna, ha stimolato a sviluppare tetti con struttura stratificata, idonei alla crescita della vegetazione ma senza alcun pregiudizio per la struttura portante o il clima interno dei locali sottostanti. Queste costruzioni, realizzate sopra lo strato portante e la coibentazione, sono composte da uno strato di separazione impermeabile antiradice, da uno strato drenante e da un telo filtrante. Il tutto viene poi ricoperto con un substrato idoneo alla crescita di determinate specie vegetali. Nella prassi, si sono affermate due diverse tipologie di tetto «verde»: quello estensivo, con uno spessore del substrato di 15 a 30 centimetri, e quello intensivo, con un substrato spesso 60 a 70 centimetri. Mentre con la prima variante si ottiene una superficie piana e uniforme che non richiede grossi interventi di manutenzione, la seconda dà vita ad ambienti rigogliosi che tuttavia comportano un maggior onere di gestione, fino ad arrivare all’«urban gardening». Nella realizzazione di questi tetti trovano impiego anche prodotti derivanti dal riciclaggio. I laterizi triturati sono adattissimi a fungere da substrato nei tetti piatti con inverdimento estensivo. L’impianto di compostaggio e produzione di ecoenergia Allmig offre, tra le altre cose, due substrati per giardini pensili ricavati dai rifiuti verdi delle economie domestiche di Zugo (vedi box).

Una parete vegetale con siepi e piante autoctone circonda su tre lati lo stabilimento produttivo di G. Baumgartner AG ad Hagendorn. Inoltre il tetto è ricoperto da un prato umido. Sono bastati pochi anni perché questa grande opera – realizzata per conto terzi da Alfred Müller AG – risultasse già perfettamente integrata nel paesaggio.

Entrambe le forme di copertura sono pensate come strumento di «compensazione ecologica»: esse infatti assumono le funzioni del terreno occupato dalla costruzione, restituendolo per così dire alla natura. I tetti «verdi», ad esempio, sono in grado di assorbire l’acqua piovana riutilizzandola anziché semplicemente deviarla alla canalizzazione, con un conseguente sgravio per i sistemi fognari locali e una possibile riduzione delle imposte dovute al comune. Questa capacità di ritenzione è tanto più auspicabile se si considera che le superfici sigillate – che si tratti di tetti tradizionali o della pavimentazione stradale – richiedono una capacità di portata maggiore a livello di canalizzazione. Inoltre, le superfici che non sono in grado di assorbire acqua riflettono anche i raggi solari. Per questo, nelle zone in cui sono particolarmente diffuse, la temperatura ambiente supera spesso di alcuni gradi quella delle aree in cui vi è una minor presenza di suoli sigillati. Nelle città, dunque, una maggiore diffusione delle case «verdi» sarebbe ideale per regolare il clima esterno, nonché per la cattura della CO2 e delle polveri sottili.

Un clima migliore in città

In passato si ascrivevano all’inverdimento, ad es. mediante pareti tappezzate d’edera, proprietà termoisolanti. Oggi gli esperti concordano nell’affermare che, in presenza di un involucro moderno, il contributo della vegetazione ai fini dell’isolamento termico è del tutto trascurabile. L’inverdimento non apporta benefici determinanti per il clima interno agli edifici, ma influisce piuttosto sul bilancio climatico e idrico. Un clima esterno gradevole e un volume ridotto di acque meteoriche da smaltire migliorano l’abitabilità nell’intero agglomerato urbano.

Oggi praticamente tutti i tetti piatti realizzati da Alfred Müller AG sono «verdi». «Ormai rientra nel nostro standard», spiega il capoprogetto Balz Käppeli, «anche quando non vi sono prescrizioni al riguardo.» Responsabile dell’inverdimento è il reparto interno di giardinaggio, che utilizza in prevalenza il substrato per copertura estensiva di Allmig. «La vegetazione utilizzata per l’inverdimento estensivo è resistente e assorbe bene il calore, con effetti positivi sia per il manto di copertura che per la temperatura ambiente.» Inoltre la tipologia estensiva richiede minore manutenzione rispetto ai più rigogliosi giardini pensili, dove – spiega Thomas Meierhans, caporeparto Stabilimenti di produzione di Alfred Müller AG – occorre tra l’altro pulire gli scarichi pluviali ed eliminare le plantule con forte proliferazione delle radici.

In alcuni casi l’inverdimento dei tetti è già stato recepito come obbligo nei regolamenti edilizi. In determinate circostanze, alcuni comuni mettono a disposizione servizi di consulenza e incentivi. Nel complesso, negli ultimi decenni la percentuale di tetti «verdi» è aumentata. A Basilea sono ricoperti di vegetazione 2000 tetti piatti, un terzo della superficie esistente. Anche in altre città della Svizzera la quota delle superfici di copertura vegetalizzate è stimata tra il 30 e il 40 per cento.

Un manto verde di grande effetto

I graticci sono ideali per favorire la crescita dei rampicanti, ma anche vasche e vasi possono rappresentare un’ottima soluzione. Nella nuova sede principale di Sky-Frame, nella Svizzera orientale, l’ampia superficie vetrata delle facciate è protetta da un frangisole con elementi ombreggianti orizzontali. Questi «ripiani» fungono da superficie d’appoggio per le vasche contenenti la vegetazione, sostituibili in base alla stagione. Di recente, ha riscosso unanimi consensi una soluzione d’inverdimento «estrema», quella del Bosco Verticale, una coppia di grattacieli realizzati nel cuore di Milano. Gli edifici sono dotati di balconi fortemente aggettanti con grandi vasche in cui sono stati messi a dimora alberi e arbusti. Sommati, questi frammenti di verde creano una «foresta urbana» di un ettaro! Per la scelta delle essenze arboree, che devono essere adatte a questa posizione esposta, sono stati coinvolti esperti della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. L’irrigazione è garantita da un sofisticato sistema che attinge l’acqua da una cisterna nel piano interrato, alimentata dalle acque grigie delle due torri. La presenza del verde verticale consente di rinunciare alla climatizzazione; l’ombreggiamento delle piante riduce la temperatura interna di almeno due gradi. Sarà interessante vedere cosa ne sarà di questo bosco verticale quando passerà dall’infanzia all’età adulta.

Fotovoltaico: un possibile concorrente?

Oggi più che mai si vuole sfruttare l’energia del sole. Per questo ultimamente si considera sempre più il valore d’uso degli involucri esposti, preziosi non solo nell’ottica della compensazione ambientale, ma anche per produrre energia solare termica e fotovoltaica. Inverdimento e produzione di energia potrebbero dunque venire a trovarsi in una situazione di concorrenza: due sistemi, con due finalità differenti, cercano di accaparrarsi i medesimi spazi, ovvero il tetto e sempre più anche le facciate.

L’associazione Schweizerische Fachvereinigung für Gebäudebegrünung (SFG) è andata a fondo della questione e non ha riscontrato conflitti insormontabili tra le funzioni di compensazione e produzione di energia. Non è necessario eliminare la vegetazione da un tetto per installare un impianto fotovoltaico: la SFG ne è convinta e si fa promotrice di un connubio ideale, quello tra tetto «verde» e pannelli solari. Anzi, non è escluso che la vegetazione contribuisca a rendere più efficienti questi impianti. Lo dimostrerebbero i primi test effettuati, da cui si evince un incremento del rendimento compreso tra il 4 e il 5 per cento. È probabile che i moduli fotovoltaici beneficino della compensazione termica assicurata dalla vegetazione, poiché la loro efficienza diminuisce con l’aumentare delle temperature e le piante, traspirando, rinfrescano. Naturalmente occorre accertarsi che steli, rami e fogliame non schermino i raggi solari. Se si desidera utilizzare le superfici per questa duplice finalità è quindi bene optare per un inverdimento estensivo, con vegetazione bassa e dal peso ridotto. In questo modo vi sono buone prospettive di ottenere una situazione win-win sul fronte dell’involucro.

Commenta e discuti

Qualsiasi risposta è soggetta a verifica da parte dei nostri moderatori prima della pubblicazione. Il Suo indirizzo e-mail non viene pubblicato e serve esclusivamente all’identificazione. Per maggiori informazioni al riguardo, consulti le nostre disposizioni sulla protezione dei dati.